La difesa europea di fronte alle sfide globali. Realtà, prospettive, limiti
*di Lavinia De Santis[1]
Abstract
The meeting "European defence in the face of global challenges: Reality, prospects, limits" addressed NATO's security and defence problems in the face of the challenges of globalization from a multidisciplinary point of view. The meeting covered the following topics: 1. the process of building European security and defence capabilities; 2: SIFAR and NATO: defence services in the Cold War; 3: strategic autonomy in European defence and the future of the Atlantic Alliance: 4. The state of the art and new initiatives with regard to European defence and industrial cooperation
Key words: SIFAR, NATO, defence, security, European Union
Venerdì 21 maggio 2021 si è tenuto l’incontro “La difesa europea di fronte alle sfide globali: Realtà, prospettive, limiti”, organizzato da Europea in collaborazione con YATA Italy. L’incontro è stata l’occasione per analizzare il processo di costruzione della difesa europea e le sue prospettive future secondo un approccio trasversale. La conferenza si è aperta con i saluti istituzionali di Silvio Berardi, docente di Storia delle relazioni internazionali e di Storia dell’integrazione europea all’Università Niccolò Cusano di Roma e direttore di “Europea” ed è stata moderata da Matteo Antonio Napolitano, professore di Storia e istituzioni dell’Asia presso la stessa Università.
- Il processo di costruzione delle capacità europee di sicurezza e di difesa
Il primo ad intervenire è stato l’Ambasciatore Maurizio Melani, professore straordinario di Relazioni Internazionali presso la Link Campus University, con un contributo dal titolo “Il processo di costruzione delle capacità europee di sicurezza e di difesa”[2].
Nel ricostruire il processo di costruzione della difesa europea egli ha individuato come prima fase quella che si colloca nel periodo subito successivo alla seconda Guerra Mondiale, caratterizzata da due principali esigenze: in primo luogo, ancorare la Germania ad un contesto di pacificazione tra Paesi che si erano ferocemente combattuti nei due conflitti mondiali e, in secondo luogo, fronteggiare la crescente minaccia sovietica.
Per rispondere a questa duplice esigenza fu avviato il processo di integrazione europea, che potè contare su un significativo sostegno statunitense perseguito attraverso il Piano Marshall[3] e - nell’ambito della sicurezza - mediante la costituzione della NATO. Quest’ultima - come ha ricordato Melani - aveva lo scopo di “tenere gli americani dentro, i russi fuori e i tedeschi sotto”[4].
Il primo stadio dell’integrazione europea - ha proseguito - è la creazione della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio[5], istituita nel 1951 col Trattato di Parigi, volta a costituire un mercato comune di quei prodotti che erano stati al centro dei conflitti dei Paesi europei nel corso degli anni precedenti. A partire da quel momento in avanti, se sul piano economico si è assistito ad una progressiva intensificazione dei processi di integrazione, lo stesso non è avvenuto sul piano della sicurezza e della difesa, come dimostrato dal fallimento della CED (la Comunità Europea di difesa), per l’opposizione della Francia che ne rigettò il Trattato nel 1954[6].
Perché ciò accadesse bisognerà aspettare la fine della Guerra Fredda e le crisi che sono derivate dal collasso dell’Unione Sovietica tra cui, in primis, il processo di dissoluzione della Jugoslavia. Da quel momento in poi - ha fatto notare Melani - la necessità di consentire all’UE, costituita con il Trattato di Maastricht del 1992[7], di contribuire alla gestione di tutte quelle crisi che si manifestavano nel suo vicinato sarebbe diventata sempre più urgente.
Questo sviluppo si scontrò, tuttavia, con le resistenze del Regno Unito e degli Stati Uniti, il cui timore era che ciò potesse mettere in discussione la funzione e il modus operandi della NATO. Fu raggiunto, pertanto, un compromesso: oltre a limitare il ruolo di queste nuove capacità alla gestione delle crisi, si decise che la difesa dell’area inclusa nella Nato sarebbe rimasta sotto la sua competenza esclusiva e che nell’affrontare tali crisi gli Stati avrebbero dovuto ricorrere alle strutture di pianificazione, comando e controllo della Alleanza Atlantica.
Con il trattato di Amsterdam del 1997 - ha proseguito Melani - veniva poi istituita la figura dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune[8] che avrebbe dovuto gestire e promuovere il processo che era stato individuato.
Una svolta si ebbe quando, a causa degli sviluppi della crisi balcanica, il primo ministro britannico Tony Blair e il presidente francese Chirac nell’incontro di Saint-Malo del 1998[9] decisero che era giunto il momento di fare un passo ulteriore sulla strada della difesa collettiva. Non senza, tuttavia, che venissero poste delle precise condizioni.
Le condizioni perché l’Europa potesse procedere in questa direzione furono indicate dall’allora segretario di Stato degli Stati Uniti Madleine Albright: si trattava di impedire la duplicazione, la disgiunzione e la discriminazione (sintetizzate come le “tre D”)[10].
- La prima condizione era che ogni Paese facesse affidamento a capacità militari che erano separabili ma non separate dalla NATO;
- La seconda era la non disgiunzione tra l’Unione Europea e la NATO;
- La terza era che nelle diverse operazioni condotte non venissero discriminati i Paesi membri della nato ma non aderenti all’UE (quali la Norvegia e la Turchia).
Tappe successive furono la firma del Trattato di Nizza del 2001[11], con cui venne codificato questo peculiare tipo di cooperazione, e l’istituzione del Comitato Politico e di Sicurezza che si sarebbe dovuto occupare di gestire le eventuali crisi in aree identificate, di un Comitato militare a supporto di tale organo e di un Military staff con una funzione di consulenza di tipo militare[12]. Tuttavia - come ha ricordato Melani - veniva esclusa la possibilità di attribuire all’Europa la capacità di comando, controllo e pianificazione operativa delle missioni individuate, capacità che restava nelle mani della NATO o del singolo Stato membro, mentre la capacità civile di gestione delle crisi (attraverso, ad esempio, le attività delle forze di polizia e di ripristino del sistema giudiziario) veniva affidata in modo pressoché esclusivo all’Unione Europea.
Ben presto, tuttavia, nacque l’esigenza di svolgere anche operazioni di tipo militare, la prima delle quali venne condotta in Macedonia nel 2003[13]: si trattò del primo esperimento di gestione di una crisi in cui all’Europa veniva consentito di fare ricorso alle capacità di pianificazione, comando e controllo della NATO[14]. Di lì a pochi mesi sarebbe stata sperimentata una nuova tipologia di missione nell’Ituri (a Nord-Est del Congo), dove era in corso un sanguinoso conflitto etnico[15]: in questo caso si decise di ricorrere agli strumenti di singoli Stati membri tra cui la Francia e il Regno Unito.
Successivamente, l’emergere di nuovi attori come la Cina e l’India, con una crescente potenza economica, politica e militare, e il progressivo sviluppo del terrorismo internazionale hanno reso sempre più centrale la questione della difesa europea a livello globale.
Un freno all’intensificazione di una capacità autonoma dell’UE - ha proseguito Melani - continuava a provenire dal Regno Unito. Altro aspetto problematico era relativo ai rapporti tra l’UE e la NATO, complicati dalla pretesa da parte turca di partecipare alle operazioni dell’Unione Europea, nonostante le tensioni con Cipro, Paese membro dell’Unione Europea a partire dal 2004, ma non della Nato[16].
Una svolta si manifestò nel 2016 in concidenza con il referendum sulla Brexit[17], in cui vennero messe in campo diverse iniziative proposte da Francia, Germania e Italia, che si concretizzarono nella “strategia globale” dell’Unione Europea[18].
A partire da allora - ha concluso l’Ambasciatore Melani - si sarebbero determinati ulteriori sviluppi verso la messa in comune di strumenti, assetti e capacità, allo scopo di raggiungere quell’obiettivo di autonomia strategica dell’Unione europea, che si pone come fondamentale pilastro del rapporto transatlantico.
- “SIFAR e NATO: i servizi di difesa nella guerra fredda
Il secondo intervento è stato quello di Giuseppe Pardini, professore di Storia Contemporanea all’Università degli Studi del Molise e dal 2019 consulente scientifico dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, il quale ha presentato un contributo dal titolo “SIFAR e NATO: i servizi di difesa nella guerra fredda”[19].
In primo luogo, egli ha ritenuto necessario sgomberare il campo da una serie di equivoci nella ricostruzione storica del Servizio Informazioni Forze Armate (d’ora in avanti SIFAR).
- Il primo aspetto da chiarire - ha spiegato - riguarda il contesto della sua nascita, la cui data ufficiale risale al 1949. Non è vero, come spesso viene sostenuto dalla nostra magistratura, che in Italia vi fosse solo il servizio militare. Accanto al servizio militare vi era infatti anche quello civile, vale a dire il SIS (Servizi Informativi e Speciali). Queste due strutture erano i nostri due servizi segreti: il SIFAR, per quanto fosse sostanzialmente orientato verso l’esercito, in realtà -ha precisato- era il servizio di tutte le forze armate.
- Il secondo aspetto da chiarire è che spesso si ritiene - a torto, secondo l’autore - che l’influenza del Sifar (e in generale dell’intelligence italiana) sia stata del tutto marginale, a causa della sua costante subordinazione al controllo della NATO. Già il periodo precedente alla sua nascita - ha proseguito - aveva visto un altro importante servizio di intelligence svolgere un ruolo significativo: il SIM[20], la cui esperienza si concluse l’8 settembre del 1943. Un servizio che aveva funzionato discretamente ma che era stato piegato ad alcune esigenze politiche dal sistema fascista. Tale retaggio, purtroppo - ha aggiunto Pardini - continuò a permanere anche nei servizi successivi, per quanto gli uomini degli apparati abbiano tentato di sottrarsi dal fare intelligence.
Egli ha poi sottolineato come fino al 1947 l’Italia sia stata priva di un vero e proprio servizio di intelligence. Vi era, però, un servizio sostitutivo: l’Ufficio Informazioni (l’Ufficio I), posto sotto l’egida dello Stato maggiore dell’esercito[21] e da cui si sarebbero in seguito generati il SIM e il sifar.
Sia l’Ufficio I che il SIFAR - ha proseguito Pardini - sono strutture di intelligence delle forze armate, ma ciò non implica che non vi fossero anche strutture di intelligence del Ministero degli Interni. Anzi: entrambi i servizi si trovarono spesso a collaborare: ciò avvenne, in particolare, a seguito dell’estromissione del Partito socialista italiano e del Partito comunista italiano dal governo, avvenuta nel 1947 al fine di contenere quello che prendeva il nome di “apparato paramilitare del PCI”[22]. Vi era, infatti, il crescente timore che il PCI, con il sostegno dell’alleato socialista, potesse conquistare il potere - se non elettoralmente - con l’uso della forza. È questo, secondo l’analisi dello studioso, il tema portante dei nostri servizi che prevarrà almeno fino al 1960, anno segnato dalla caduta del governo di centrodestra Tambroni, provocata da una forte mobilitazione popolare e di piazza (i “fatti di Genova”[23]).
Ciò non toglie che tale servizio non promuovesse anche altri interessanti campi di indagine - ha commentato Pardini. Tanto che, della fitta rete di relazioni e del rilevante aiuto degli uomini dell’intelligence italiana si servì spesso anche la CIA (Central Intelligence Agency), l’agenzia di spionaggio degli USA.
Pardini ha poi proseguito sostenendo come nelle interpretazioni predominanti delle vicende politiche e militari dell’Italia, si tenda spesso ad utilizzare un “cannocchiale rovesciato”: non impugnato, cioè, nella maniera più adatta ad osservare a distanza i singoli elementi: ne deriva una visione più piccola di quella che si potrebbe avere se si impiegasse il cannocchiale nel verso giusto.
A voler usare il cannocchiale nel modo corretto, dunque, quali sono le caratteristiche che ci consentono di ricostruire l’importanza storica dei nostri servizi, del loro funzionamento e delle loro principali azioni? Secondo Pardini, si tratta degli elementi seguenti:
in primo luogo, il SIFAR presentava una struttura semplice, caratterizzata da centri periferici di controspionaggio (centri CS), collocati nelle maggiori città italiane. I centri CS svolgevano un’attività sia di tipo offensivo che di tipo difensivo ed il loro funzionamento si basava prevalentemente sull’azione di militari provenienti dall’Arma dei carabinieri, i quali potevano disporre di informatori classificati in diverse categorie, a seconda dell’attendibilità delle informazioni possedute: il tipo A era quello ritenuto assolutamente attendibile; il tipo B era invece ritenuto abbastanza affidabile; l’informatore comune, infine, era quello che richiedeva un maggiore lavoro di accertamento.
In secondo luogo, per quanto riguarda il reclutamento delle persone nell’intelligence del nostro Paese, fin dall’epoca del SIM venivano privilegiate categorie quali i giornalisti, figure legate ad ambienti sociali elevati, ed infine - quando possibile - persone capaci di entrare a far parte della struttura da spiare.
Infine, Pardini ha sottolineato come nel corso del tempo il SIFAR sia andato incontro ad una progressiva estensione delle proprie competenze, a causa della perdurante mancanza nel nostro sistema politico e istituzionale di un organismo politico di controllo. Il che era destinato a provocare degli scompensi nel servizio che finiranno poi per rivoltarsi contro il servizio stesso.
- Tra autonomia strategica e Alleanza Atlantica: quale futuro per la difesa europea?
Il successivo ad intervenire è stato quello di Simone Zuccarelli, dottorando in “Istituzioni e Politiche” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Presidente di Yata Italy, con un contributo dal titolo “Tra autonomia strategica e Alleanza Atlantica: quale futuro per la difesa europea?”[24].
Zuccarelli è partito dalla constatazione di come nella prima fase del processo di costruzione della difesa europea sia stato fondamentale il contributo degli Stati Uniti, all’interno di una prospettiva integrazionista che si impose fino ai primi anni Sessanta.
Con l’amministrazione Kennedy, tuttavia, si sarebbe andati incontro ad una inversione di marcia: all’inizio si trattava di una questione puramente commerciale, per poi assumere una natura strategica, a partire dalla Presidenza francese di de Gaulle e della sua volontà di trasformare l’Europa in un terzo polo tra USA ed URSS[25].
Sulla scia di quanto ricostruito dall’Ambasciatore Melani, Zuccarelli ha poi ricordato come fino alla fine della guerra Fredda il tema della difesa europea sia rimasto in sordina. È solo con la conclusione della Guerra Fredda che tale questione tornerà ad essere affrontata, ma sempre all’interno di uno schema favorevole a Washington in cui si escludeva ogni possibilità di duplicazione, disgiunzione e discriminazione.
Negli ultimi anni - ha proseguito - sono aumentate considerevolemente le preoccupazioni statunitensi nei confronti del ruolo dell’Ue nel progetto di difesa comune. In particolare, la volontà europea di creare una cooperazione strutturata permanente ha suscitato il timore statunitense di subire limitazioni nel mercato della difesa europea.
Tale impostazione si ritrova anche nella linea seguita dalla NATO: esemplare, a tal proposito, la posizione del Segretario generale Stoltenberg[26] il quale ha ribadito più volte il proprio sostegno al progetto europeo a condizione che l’Europa non entri in competizione con la NATO.
Allo scetticismo statunitense - ha fatto notare il relatore - hanno di certo contribuito le posizioni di alcuni leader europei nei confronti della NATO (si pensi agli interventi della Francia di Macron sulla “NATO in stato di morte cerebrale” e a favore di un’Unione Europea capace di dotarsi di strumenti comuni anche in un’ottica di contrasto rispetto alle strategie messe in campo dagli USA)[27].
L’ambizioso progetto europeo è stato inoltre complicato dalla Brexit, sia perché il Regno Unito era uno degli Stati più equipaggiati militarmente, sia perché esso ha per molto tempo rappresentato un ponte importante tra Washington e il continente.
A complicare il quadro si è poi aggiunta un’amministrazione Trump orientata a smantellare il vecchio multilateralismo e a rilanciare il bilateralismo.
Da cui il seguente interrogativo: quale prospettiva di difesa comune con la nuova amministrazione Biden? Secondo Zuccarelli, se da un lato è indubbio che il passaggio verso la nuova amministrazione potrà contribuire ad un rafforzamento dei processi di integrazione europea, dall’altro però, vi sono due principali rischi, richiamati tra gli altri dal Segretario di Stato Blinken,[28] cui gli Stati Uniti guardano con crescente preoccupazione:
- il primo è che l’Unione europea possa assurgere a “controbilanciatore degli USA”;
- il secondo è che i partner europei possano perseguire una politica sempre più indipendente nella difesa, sganciandosi vieppiù dagli obiettivi e dagli interessi dell’Alleanza Atlantica.
Al di là di questi elementi di tensione - ha proseguito Zuccarelli - negli ultimi anni si è assistito a numerose iniziative volte a rafforzare la cooperazione tra l’Alleanza Atlantica e l’Unione Europea in diversi settori, in virtù della complementarietà delle due organizzazioni. Va in questa direzione il Summit di Varsavia del 2016,[29] che ha individuato alcune aree cruciali in cui intensificare la cooperazione, tra cui il coordinamento nella difesa, nella cybersicurezza e nel contrasto alle minacce di natura ibrida.
In conclusione, Zuccarelli ha sottolineato come per poter affrontare le sfide del futuro sia fondamentale rafforzare il legame transatlantico, ma sempre in un’ottica cooperativa e di interdipendenza nelle decisioni che l’Europa e la NATO saranno chiamate a prendere.
- Difesa europea e cooperazione industriale: stato dell’arte e nuove iniziative
Il meeting si è concluso con Alessandro Riccardo Ungaro, membro dell’ASD Europe e precedentemente ricercatore nel programma "Security, Defence, Space" dello IAI [30].
Il suo contributo - “Difesa europea e cooperazione industriale: stato dell’arte e nuove iniziative” - ha riguardato innanzi tutto il problema dello sviluppo delle capacità tecnologiche e industriali al servizio del mercato europeo della difesa, uno sviluppo che richiede costi elevati che nessuno dei Paesi europei è in grado di sostenere in modo autonomo. La parola chiave che si è affermata negli ultimi anni - ha spiegato Ungaro - è quindi “cooperazione”, poiché ci si è resi conto che è l’unico modo per condividere i requirements, i costi e le complessità legate a tale sfida.
Tre sono i principali strumenti che sono stati introdotti per rafforzare la capacità di cooperazione tra gli Stati membri:
- il fondo europeo per la difesa (European defence fund)[31];
- la cooperazione strutturata permanente (PESCO)[32];
- la revisione coordinata annuale della difesa (Card)[33].
Si tratta di strumenti di natura diversa: il fondo europeo per la difesa è di tipo comunitario, rientra nel budget dell’Unione Europea e si occupa di finanziare i progetti di ricerca e sviluppo nella difesa; la PESCO ha una natura intergovernativa ed ha come finalità l’integrazione delle forze armate dei Paesi aderenti, mentre la CARD è un’iniziativa che è stata avviata con l’obiettivo di analizzare quali sono le aree dove vi è più necessità di cooperazione.
Ungaro ha inoltre sottolineato come la definizione delle priorità militari dell’Unione Europea sia un processo in fieri e come a partire dal 2016 si siano concentrati i maggiori sforzi in questo campo. È in quest’ottica che si colloca lo strategic compass dell’Unione Europea[34], la recente iniziativa tedesca che ha l’obiettivo di combinare e rendere più omogenei i tre strumenti sopra richiamati, per giungere ad una definizione comune delle priorità e stabilire su quali capacità investire. Attualmente lo strategic compass è costituito da quattro principali “baskets”[35]: il crisis management, che riguarda le regole sulla gestione delle crisi; il capability developement, vale a dire lo sviluppo di capacità militari; la resilience, che consiste nella capacità di rispondere in modo resiliente alle crisi; le partnerships, il problema, cioè, di come rapportarsi ad attori esterni.
Ungaro ha poi osservato come la geopolitica sia un fenomeno strettamente legato all’ambito tecnologico ed industriale, (il che è dimostrato dal ruolo sempre più pervasivo delle emerging and disrupting technologies. Un ambito che, in considerazione della grande quantità di interessi coinvolti, è spesso al centro di tensioni in ambito transatlantico).
Un altro aspetto da considerare - ha proseguito - è che l’industria della difesa si trova oggi ad affrontare un cambiamento epocale: se la tecnologia in passato era stata prevalentemente trainata dalla ricerca in ambito militare, la nuova sfida che si è imposta è di applicare all’ambito militare le nuove tecnologie presenti in ambito civile.
Come fa notare Ungaro, questo cambio di paradigma ha importanti implicazioni di tipo etico e finanziario, oltre che tecnologico e strategico. È in questa prospettiva che si inserisce un’altra recente iniziativa della Commissione, l’Action plan sulle sinergies tra l’industria civile, della difesa e dello spazio[36], documento da poco rilasciato dalla Commissione europea con l’obiettivo di sfruttare le sinergie tra i diversi programmi promossi dall’Unione.
Quanto ai possibili sviluppi futuri, secondo Andrea Riccardo Ungaro, un’importante sfida riguarderà il modo in cui verranno gestite le aspettative nell’elaborazione di documenti strategici e la valutazione delle possibilità concrete dei contesti in cui si opera. La seconda sfida - ha concluso - è di considerare la difesa europea come una “maratona”, e non aspettarsi grandi rivoluzioni, ma piccoli e graduali passi in avanti.
A conclusione dei lavori, il professor Berardi ha evidenziato la necessità di riequilibrare le relazioni transatlantiche, attraverso il rafforzamento della cooperazione militare tra la NATO e l’Unione Europea, al fine di superare l’attuale dipendenza europea in ambito militare. Che è poi la causa prima della sua debolezza politica.
[1]. Luiss Guido Carli, Roma.
[2]. Tra le sue pubblicazioni: La crescita della politica europea di sicurezza e di difesa (Conferenza al Centro Alti Studi della Difesa, Roma, 2004); La diplomazia post bellica (Conferenza al Museo Storico della Guerra, Rovereto, 2005); Nations, Fédérations, processus d’intégration et “nation building”. Au-delà de la politique de puissance? (Conferenza a l’Institut Européen des Relations Internationales, Bruxelles, 2005).
[3]. Cfr. B. Steil, Il piano Marshall. Alle origini della guerra fredda, Donzelli Editore, Roma 2018.
[4]. Cfr. E. Casini, Il confronto tra Usa e Russia dalla guerra fredda ai nostri giorni. L’analisi del prof. Nuti, Europa Atlantica, 2 gennaio 2020, https://europaatlantica.it/focus-geopolitico/atlantico/2020/01/il-confronto-tra-usa-e-russia-dalla-guerra-fredda-ai-nostri-giorni-lanalisi-del-prof-nuti/
[5]. Cfr. il testo sul sito di EUR-Lex: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=legissum%3Axy0022
[6]. Per un excursus storico cfr. il sito ufficiale dell’Unione Europea: https://europa.eu/european-union/about-eu/history/1946-1959/1954_it
[7]. Cfr. il sito del Parlamento Europeo: https://www.europarl.europa.eu/about-parliament/it/in-the-past/the-parliament-and-the-treaties/maastricht-treaty
[8]. Cfr. il testo del Trattato di Amsterdam al sito EUR-Lex: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/LSU/?uri=CELEX:11997D/TXT
[9]. Vedi, per maggiori dettagli, il sito del Parlamento Europeo: https://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+WQ+P-2000-3784+0+DOC+XML+V0//IT
[10]. Cfr. F. W. Luciolli, Dizionario Treccani, s.v. “Il Partenariato Eu-Nato” https://www.treccani.it/enciclopedia/il-partenariato-eu-nato_%28Atlante-Geopolitico%29/
[11]. Approfondimenti al sito del Parlamento Europeo: https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/4/il-trattato-di-nizza-e-la-convenzione-sul-futuro-dell-europa
[12]. Cfr. per maggiori dettagli il sito EUR-Lex: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=LEGISSUM:r00005&from=ES
[13]. Cfr. La cooperazione tra l’Unione europea e la Nato. A cura di M. Comelli e N. Pirozzi, Istituto Affari Internazionali, Contributi di Istituti di ricerca specializzati, n. 69, Maggio 2007, http://www.iai.it/sites/default/files/pi_a_c_069.pdf
[14]. Cfr. ibidem.
[15]. Cfr. Report Difesa, Repubblica Democratica del Congo, 16 anni fa l’Operazione Artemis per porre fine ad un crisi umanitaria. Una missione europea a sostegno dell’ONU, 23 gennaio 2019, https://www.reportdifesa.it/repubblica-democratica-del-congo-16-anni-fa-loperazione-artemis-per-porre-fine-ad-un-crisi-umanitaria-una-missione-europea-a-sostegno-dellonu/
[16]. Cfr. l’articolo I rapporti tra UE e Turchia: tra cooperazione e tensioni, pubblicato sul sito del Parlamento Europeo https://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/world/20170426STO72401/i-rapporti-tra-ue-e-turchia-tra-cooperazione-e-tensioni, 28/04/2017, aggiornato il 30/11/2020. Ultima consultazione in data 24/05/2021. Sull’adesione di Cipro all’Unione Europea cfr. http://leg15.camera.it/cartellecomuni/leg14/RapportoAttivitaCommissioni/testi/14/14_cap05_sch03.htm
[17]. Per approfondimenti vedi C. Cappelletti, Brexit: la storia, il referendum, gli schieramenti e la situazione, Open, 16 gennaio 2019, https://www.open.online/2019/01/16/brexit-la-storia-il-referendum-gli-schieramenti-e-la-situazione/
[18]. Approfondimenti sul sito EUR-Lex: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=LEGISSUM:4413648&from=EN#:~:text=La%20strategia%20globale%20definisce%20gli,condivisa%20e%20un%20orientamento%20collettivo.
[19]. Tra le sue pubblicazioni: Curzio Malaparte. Biografia politica, Luni, Milano, 1998; Sotto l'inchiostro nero. Fascismo, guerra e censura postale, Mir, Firenze, 2002; Fascisti in democrazia. Uomini, idee, giornali (1946-1958), Le Lettere, Firenze, 2009; Mussolini e il "grande Impero". L'espansionismo territoriale italiano nel miraggio della pace vittoriosa (1940-1942), Edizioni dell'Orso, Alessandria, 2016.
[20]. Cfr. maggiori dettagli sulla storia dell’intelligence sul sito del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica: https://www.sicurezzanazionale.gov.it/sisr.nsf/chi-siamo/la-nostra-storia.html
[21]. Cfr. ibidem.
[22]. Cfr. A. Agosti, Il Partito Comunista Italiano e La Svolta Del 1947, in “Studi Storici”, vol. 31, n. 1, 1990, pp. 53–88. JSTOR, www.jstor.org/stable/20565932.
[23]. Cfr. G. Marchetti, 30 giugno 1960: il “No pasaràn!” di Genova (e quel che accadde prima e dopo, Genova24, 29 giugno 2017, https://www.genova24.it/2017/06/30-giugno-1960-no-pasaran-genova-quel-accadde-182598/
[24]. Tra le sue pubblicazioni: S. Zuccarelli, L’Occidente e il ritorno della Russia, in “Quaderni di Scienze Politiche”, Milano, anno IX, 15/2019, pp. 73-96; S. Zuccarelli, Usa: politica mediorientale, le radici delle scelte di Trump, Affari Internazionali, 4 novembre 2019, https://www.affarinternazionali.it/2018/11/usa-politica-mediorientale-trump/?fbclid=IwAR3GN-mH9mJan8BjocAqH7E6bdlCegeUutlXm5kGrZBEE4MMMwR2xAw6_0U ; S. Zuccarelli e G. Dentice, Israele-Palestina: nuove tensioni all'orizzonte, ISPI, 28 settembre 2018, https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/israele-palestina-nuove-tensioni-allorizzonte-21304
[25]. L. Bonfreschi, C. Vodovar, “Il Ritorno Al Potere Di De Gaulle e i Trattati Di Roma, in “ Ventunesimo Secolo”, vol. 6, no. 14, 2007, pp. 103–133. JSTOR, www.jstor.org/stable/23719513. Accessed 26 May 2021.
[26]. Cfr. B. Romano, Stoltenberg: «Alla Nato un ruolo chiave nella lotta al terrorismo», Il Sole 24 ore, 23 maggio 2017, https://www.ilsole24ore.com/art/stoltenberg-alla-nato-ruolo-chiave-lotta-terrorismo-AEQ1UgRB
[27]. Cfr. R. Sorrentino, Nato in stato di morte cerebrale»: le ambizioni di Macron per Francia e Ue, Il Sole 24 ore, 7 novembre 2019, https://www.ilsole24ore.com/art/nato-stato-morte-cerebrale-ambizioni-macron-francia-e-ue-ACDUwQx
[28]. Cfr. ANSA, Blinken, ricostruire partnership Nato con i nostri alleati, 23 marzo 2021, https://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2021/03/23/blinken-ricostruire-partnership-nato-con-i-nostri-alleati_64db9178-c2bb-4495-9cb4-7c93a15123b8.html
[29]. https://www.consilium.europa.eu/it/meetings/international-summit/2016/07/08-09/
[30]. Tra le sue pubblicazioni: A. R.Ungaro, P. Sartori, Osservatorio difesa europea, Istituto affari internazionali, Roma marzo 2014, 2 p.; A. R. Ungaro, D. Fattibene, Osservatorio difesa europea, Istituto affari internazionali, Roma, febbraio 2014, 2 p.; A. R. Ungaro, I. Spaziani, Osservatorio difesa europea Istituto affari internazionali, Roma, gennaio 2014, 2 p.
[31]. Maggiori approfondimenti sul sito della European Defence Agency: https://eda.europa.eu/what-we-do/EU-defence-initiatives/european-defence-fund-(edf)
[32]. Per maggiori dettagli cfr. Consiglio dell’UE, Comunicato Stampa, Cooperazione in materia di difesa: il Consiglio istituisce la cooperazione strutturata permanente (PESCO), con la partecipazione di 25 Stati membri, 11 dicembre 2017, https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2017/12/11/defence-cooperation-pesco-25-member-states-participating/
[33]. Cfr. Consiglio dell’UE, Comunicato Stampa, Cooperazione in materia di sicurezza e difesa: il Consiglio sottolinea gli importanti progressi compiuti, 13 novembre 2017, https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2017/11/13/security-and-defence-cooperation-council-highlights-the-significant-progress-made/
[34]. Cfr. A. Rugolo, EU strategic compass, 10 dicembre 2020, Difesa Online, https://www.difesaonline.it/mondo-militare/eu-strategic-compass
[35]. Cfr. C. Mölling, T. Schütz, The EU’s strategic compass and its four basketshttps, DGAP, n. 13, novembre 2020, https://dgap.org/en/research/publications/eus-strategic-compass-and-its-four-baskets
[36]. Cfr. il Piano d'azione sulle sinergie tra l'industria civile, della difesa e dello spazio della Commissione Europea, https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/action_plan_on_synergies_it.pdf